Il 7 ottobre 2023 l’associazione terroristica Hamas, che amministra dal 2007 la Striscia di Gaza, ha compiuto un deprecabile attentato contro Israele, colpendo la città di Sderot, alcuni villaggi del Sud del Paese, due installazioni militari e un rave musicale, causando oltre 1400 morti, migliaia di feriti e prendendo in ostaggio più di 200 persone. La risposta da parte dello Stato di Israele è stata un attacco sanguinario, in cui purtroppo le vittime principali sono state civili. Netanyauh ha affermato: "Ciò che sperimenterà Hamas sarà difficile e terribile… siamo solo all'inizio. Sarà sconfitta con forza, molta forza.” Da ottobre a gennaio 2024, ci sono stati tra i palestinesi oltre 26400 vittime e 65000 feriti solo a Gaza, per lo più civili di cui il "70% donne o minori" da fonti ONU; 1139 morti israeliani e oltre 8700 feriti.
Dall’inizio di novembre molte delle durissime operazioni militari israeliane nel nord della Striscia di Gaza sono avvenute nei pressi degli ospedali, in quanto Israele ha sostenuto che Hamas abbia collocato lì i comandi operativi, affermando che per tale motivo le strutture sanitarie palestinesi avrebbero perso il loro status di obiettivi protetti dal diritto internazionale. Gli ospedali peraltro, sono stati utilizzati dagli sfollati come riparo dai bombardamenti israeliani. Il coordinamento degli aiuti umanitari delle Nazioni Unite (OCHA) ha riportato che diversi ospedali sono stati colpiti direttamente. Nonostante questo, i civili hanno continuato ad affollarsi al loro interno, in assenza di alternative.
Il presidio di Al Shifa, il più grande di tutta la Striscia, è stato oggetto di attacchi pesantissimi. L’operazione è stata molto discussa perché è stata condotta mentre all’interno c’erano ancora centinaia di pazienti, il personale ospedaliero e migliaia di civili palestinesi sfollati. Il nosocomio è stato per giorni senza elettricità, questo ha comportato la morte di molti pazienti, fra questi almeno tre neonati prematuri, che non sono sopravvissuti all’assenza di riscaldamento nelle termoculle.
A metà dicembre, trascorsi circa due mesi e mezzo dall’inizio delle ostilità, Israele ha concentrato le operazioni nel centro e nel sud della Striscia, senza però allentare le pressioni nella parte settentrionale. Sono stati attaccati due ospedali a Khan Yunis, la città principale nell’area meridionale di Gaza. In quello di Nasser il 95% dello staff è fuggito a Rafah, come testimoniato dal Direttore del Dipartimento di Chirurgia. La Mezzaluna Rossa Palestinese, l’equivalente islamico della Croce Rossa, ha affermato che “le loro ambulanze non sono state in grado di raggiungere i feriti a Khan Yunis a causa dell’assedio condotto dalle forze di Israele”.
Nel corso del conflitto la situazione umanitaria dei civili palestinesi è diventata sempre più grave. Gli abitanti della Striscia si sono inizialmente ammassati a sud, senza che quei territori fossero attrezzati per gestire una situazione del genere. I corridoi umanitari, peraltro, non sono mai stati assicurati. Già dalle prime settimane della guerra Israele ha impedito l’ingresso di cibo, medicine e generi di prima necessità. Tra il 1 e il 25 gennaio, delle 51 missioni umanitarie in programma, solo 8 sono state agevolate ed erano per lo più per la distribuzione di cibo; 29 sono state impedite, la maggior parte di esse era stata organizzata per fornire materiali, quali medicinali e apparecchiature mediche. Ted Chaiban, Direttore Esecutivo dell’UNICEF, ha dichiarato che l’approvvigionamento di aiuti è una questione di vita o di morte. Da fonti OMS risulta che hanno cominciato a diffondersi fame e malattie, infezioni respiratorie acute, varicella, meningite, scabbia, diarrea ed epatiti. La scarsità di acqua potabile rende concreto il rischio che si sviluppino vere e proprie epidemie. Il segretario delle Nazioni Unite (ONU) Antonio Guterres, ha affermato che le persone stanno morendo non solo per effetto delle bombe e dei proiettili, ma per la carenza di cibo e di acqua pulita e che gli ospedali sono senza elettricità e medicinali. “Le condizioni per i palestinesi sono disumane, con l’impossibilità a mantenere condizioni igieniche dignitose”. Ormai da settimane Israele sta subendo pressioni da parte dell’opinione pubblica, da stati oppositori o neutri e ora anche dai suoi alleati, a partire dagli Stati Uniti, per limitare le operazioni di guerra. Antony Blinken, il segretario di Stato americano: «il numero giornaliero dei morti a Gaza, e in particolare quello dei bambini, è decisamente troppo alto». Il Sudafrica ha presentato un caso alla Corte Internazionale di Giustizia, il più importante tribunale delle Nazioni Unite, secondo cui la guerra nella Striscia di Gaza portata avanti da Israele costituirebbe un atto di genocidio contro il popolo palestinese. La Corte ha ordinato ad Israele di intervenire immediatamente per prendere «tutte le misure in suo potere» per impedire al suo esercito di commettere atti di genocidio nella Striscia di Gaza. Non ha invece imposto un cessate il fuoco, come richiesto.
Da quanto riportato da lo United Nation Office for the Coordination of Humanitarian Affair (OCHA) “Al 7 Febbraio, secondo l’OMS, nessun ospedale a Gaza è completamente funzionante, 13 di 36 lo sono sono solo parzialmente. Nei pressi dell’ospedale Nasser e quello di Al Amal di Khan Younis continuano intensi bombardamenti. L’8 febbraio, le forze israeliane avrebbero sparato contro un gruppo di persone all’ingresso dell’ospedale Nasser e contro un altro gruppo nelle sue vicinanze, uccidendo sette palestinesi.
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